30 giugno 2017

La notte ha il suo profumo e puoi cascarci dentro...



“La notte ha il suo profumo e puoi cascarci dentro / ché non ti vede nessuno” cantava Lucio Dalla e la notte il suo profumo lo ha.

In realtà ne ha tanti e diversi.

A volte la notte sa del gelo dell’inverno, che sul finire di Agosto mi manca sempre, perché un po’ mi piace che il naso mi diventi tutto  rosso ed escano le nuvole insieme alle parole.

Altre volte la notte ha l’odore dolce dei corpi che si sono mescolati fino a confondersi al punto che non si sa più quale sia il tuo odore e quale il suo, e la meraviglia è proprio continuare ad annusarsi la pelle e i vestiti finché non ci si riaddormenta ormai lontani, ognuno nel proprio letto.

La notte ha un suo profumo specifico nel mese di Maggio, quando i fiori impongono con prepotenza la loro presenza, e anche se non li vedi, li senti, mentre l’aria tiepida entra dai finestrini finalmente abbassati dell’auto in corsa.

La notte – ci hanno insegnato – la notte è pericolosa, la notte è troppo buia per essere vissuta con spensieratezza, di notte – dicono – deve esserci sempre qualcosa di sinistro.

A me invece la notte piace.

La notte è un guscio che mi avvolge, mi ci rintano e tutto il resto del mondo rimane fuori, entra solo se voglio che entri. La notte è la mia libertà.

Mi piace anche quando sono sola su un autobus notturno che mi riporta verso il posto dove ho lasciato l’auto, quando imparo a prendere confidenza con le sue anime stanche – che dormono e russano come nel loro letto – o solo ubriache – con la testa che ciondola e gli occhi troppo rossi.

Allora finalmente rilasso le gambe e la smetto di stare rannicchiata sul mio sedile, ascolto il rumore degli pneumatici che quasi litigano con i sampietrini, mentre dietro il Colosseo si allontana avvolto nella sua solita aura di indifferente e maestosa bellezza eterna.

Forse non c’è bellezza nel puzzo di alcool mischiato a quello di frittura che qualcuno si porta addosso, però c’è bellezza nel senso di profonda solitudine che mi avvolge, nella sicurezza in me stessa che piano piano mette le radici dentro me, nel passo svelto, ma deciso, con cui mi avvio verso la mia Lancia Y del ’99, nel continuare ad annusare la notte con la curiosità di un animale, per ricordare, magari tra vent’anni, che la notte ha sempre un suo profumo, e che puoi cascarci dentro, ché davvero, davvero, non ti vede nessuno.

03 maggio 2017

(Dichiarazione d'amore) Alla Musica

Quando sento che mi sto perdendo, quando vedo distante da me la realtà e più vicino a me il mio personale, arredato e coccolato pozzo nero, so che la Musica mi tende la sua variopinta e armoniosa mano e mi accarezza, oppure mi tira via e raccoglie.

È viscerale il mio rapporto con la musica, è il rapporto più longevo che io abbia mai intessuto in vita mia. Ho iniziato a scrivere spinta dalla musica e ho legato ad essa alcuni dei momenti più belli e importanti che ho vissuto, donando loro maggiore intensità.

C’è una nota, una canzone, un verso per ogni corda della mia anima, un continuo gioco di specchi che mi permette di riconoscermi sempre, di sapere che quella che si alza ogni mattina e che ogni notte si addormenta (con una canzone nelle orecchie) sono sempre io, Ilaria. 


25 febbraio 2017

Perché la cultura umanistica ci salverà dalla "banalità del male" di Salvini

Tra le tante qualità che riconosco alla cultura umanistica, ce n'è una che a me è sempre parsa centrale: in essa è potente la componente empatica. Conoscere e riflettere fa aumentare la possibilità di capire in profondità coloro con cui veniamo in contatto. Questo tipo di cultura predispone inoltre al pensiero critico e a riflessioni di largo respiro, consentendo molto spesso una visione a 360° sulla realtà.

Io credo fortemente che nel momento storico in cui viviamo un tipo di cultura del genere sia sempre più necessario.
È agghiacciante vedere che il leader di un partito politico italiano si metta a difendere gli autori di un video che testimonia un vero e proprio sequestro di persona da loro stessi effettuato.
Cosa c'entra in tutto ciò il preambolo sulla cultura umanistica? Ci arrivo subito.

Qualche anno fa, per approfondire la preparazione di un esame di storia contemporanea, ho scelto di studiare Le origini culturali del Terzo Reich di George L. Mosse. Sapevo, grazie ad un viaggio a Berlino fatto un anno prima, che l'antisemitismo aveva radici ben salde, non solo in Germania, ma in tutta Europa, da molti secoli. Grazie a questo libro ho potuto approfondire la questione per quel che riguardava la tragica storia tedesca, ed è stato illuminante e prezioso.

Due anni dopo, per un altro esame di storia contemporanea, questa volta incentrato sui miti del Risorgimento e della Resistenza nell'ambito della storia italiana, ho approfondito la cultura fascista grazie ad un libro, La grande Italia. Ascesa e declino del mito della nazione nel ventesimo secolo, scritto dal massimo storico del fascismo, Emilio Gentile, e ho avuto conferma del fatto che anche in Italia l'antisemitismo era molto diffuso, ed è per questo motivo, e non perché ce lo ha detto quel cattivone di Hitler, che le leggi razziali del 1938 hanno trovato terreno fertile e sono state attuate con tanta diligenza. Ancora una volta ne ho ricevuto un insegnamento illuminante e prezioso.

Perché illuminante e prezioso?
Perché ho imparato a non sottovalutare i segnali allarmanti che derivano da modi di pensare gretti, bigotti, razzisti. 
Ho imparato a riconoscere lo squallore dietro una frase come "io non sono razzista, ma...", ho imparato che è rabbia, delusione, scoramento il sentimento che provo quando qualcuno, dall'alto del ruolo istituzionale che ricopre, si prende la briga di difendere e avallare atteggiamenti pericolosi (ricordo a tutti che stiamo parlando di sequestro di persona) e attacca poi chi glielo ricorda dandogli del "buonista", aggiungendo il sempreverde e idiota invito del caso "portali a casa tua!". Questo novello pastore ha naturalmente un "gregge" che lo segue, che lo appoggia, che gli dà ragione, che lo emula nel pensiero e nei discorsi. 

Ed è esattamente questo l'aspetto che mi fa più paura. Spiego subito anche il perché di questa paura, e ancora una volta la cultura umanistica mi viene in aiuto.
Hannah Arendt nel 1963 pubblica un saggio sul processo a un gerarca nazista, Adolf Eichmann, Eichmann in Jerusalem: a report on the banality of evil, da noi noto semplicemente come La banalità del male
In questo saggio Arendt spiega che la Shoah non è stata la conseguenza di un'indole maligna radicata nell'animo dei tedeschi, bensì il risultato di azioni effettuate senza avere consapevolezza del loro significato.

È noto infatti che la "soluzione finale" è stata messa in atto attraverso una macchina in tutto e per tutto burocratica: gli ordini partivano come da un ufficio qualsiasi, e uomini e donne li eseguivano senza farsi troppe domande, come se fossero bravi impiegati. Quegli ordini però prevedevano la deportazione di tante persone, l'accensione di camere a gas e l'obbligo ai lavori forzati: in definitiva la morte per milioni di persone. 

La banalità del male, insomma, sta nell'inconsapevolezza delle conseguenze che derivano dalle proprie azioni.
Questo è lo stesso motivo per cui Salvini e i suoi seguaci sono pericolosi e mi incutono timore.

C'è bisogno di fari nella notte.











17 febbraio 2017

Tra Magliana e Portuense: “La Buca” da degustare e leggere




Oggi, 17 febbraio, a partire dalle 19 la presentazione del libro di Danilo Campanella, “Una famiglia per bene”, presso la panineria Sfizihop (Piazza Puricelli, 14)

 

Fino a qualche anno fa credevo che il mio quartiere, noto come “La Buca”, non fosse altro che quattro strade con al centro una piazza, qualche bar, la pizzeria, i supermercati che aprivano e chiudevano a intervalli brevi e regolari, l’autobus che non passava mai e tutta Roma intorno: un quartiere residenziale racchiuso fra due grandi arterie, Via della Magliana e Via Portuense. La Buca, un posto talmente piccolo che ho sempre sentito l’esigenza di vivere le mie uscite, le mie esperienze, le mie conoscenze al di fuori di esso.

Poi quattro anni fa qualcosa è cambiato. Ricordo distintamente quando ho visto per la prima volta la birreria Fermento Portuense: passeggiavo in piazza, ero appena tornata dal lavoro e all’improvviso mi sono girata e ho visto questo posto pieno di birre, ma non birre qualunque, birre artigianali, tra le migliori in circolazione.
Un raggio di sole, qualcosa di nuovo, qualcosa di bello e da vivere persino sotto casa.
Mi sono fermata a parlare con Andrea Albanesi, il proprietario e gestore, che subito mi ha raccontato di cosa si trattava e mi ha consigliato una birra.

Lo scorso anno, poi, un’altra sorpresa da parte di Andrea: accanto alla birreria ha aperto Sfizihop, una panineria che propone taglieri e panini con una particolarità, le salse, che sono a base di luppolo. Anche i fornitori non sono da meno, il pane, infatti, è quello di Bonci, mentre i formaggi provengono dall'azienda La Riccia, un tradizionale caseificio in zona Maccarese. 

E qualche sera fa, proprio da Sfizihop, sono venuta a sapere di un evento molto interessante, la presentazione del libro di Danilo Campanella, Una famiglia per bene (David and Matthaus edizioni, 2016), presso la panineria, qualcosa di inaudito, da che io ho memoria, nel piccolo quartiere in cui sono nata e cresciuta.
Un quartiere abituato al tranquillo via vai dei residenti, alle passeggiate coi cani, alle comitive che si ritrovano in piazza, a quelli che passano le ore al bar, un quartiere del genere vedrà un evento simile.
Quando l’ho saputo non ho potuto nascondere l’entusiasmo: sogno da tempo che la cultura arrivi sotto casa.

Chi è Danilo Campanella? E che legame ha con la Buca? Perché Andrea Albanesi ha pensato di ospitare la presentazione di un libro nel suo locale? Queste e altre domande le ho fatte proprio ai protagonisti di questa storia.

Danilo mi racconta che il suo “battesimo del libro” è stato una pubblicazione del 2003, Sorammala, il bandito di Perda Liana (Taphros, 2003), che ha scritto e illustrato. Dopo una breve carriera militare, ha studiato filosofia e ha lavorato per aziende private. È poi diventato direttore e coordinatore di collane editoriali ed è redattore di rubriche. Dopo alcuni saggi di storia è passato alla narrativa e il noir Una famiglia per bene è il suo secondo romanzo.

Danilo è nato alla Buca: «Il mio legame con la Buca ( o "Valle Verde", come qualcuno più tradizionalista la chiama) è dovuto al fatto che lì son nato e vivo, anche se, per più di dieci anni, ho vissuto in Sardegna. Tornando a Roma, le mie amicizie si sono evolute all'interno del mio lavoro e delle mie attività, piuttosto che nel quartiere. Eppure, da quando c'è Andrea e i suoi due localini, la Buca si è aperta e ci si conosce meglio. Fino a pochi anni fa era un quartiere di impiegati in pensione, ora invece i giovani stanno uscendo fuori dal proprio palazzo e rimangono in loco, altri, invece, affluiscono da altri quartieri. Questa è una cosa molto positiva. Andrea sta sviluppando, poco a poco, un terreno culturale. Culturale perché cultura è l'insieme di esperienze, tradizioni, conoscenze comuni. Anche quest'intervista è il frutto di ciò, perché altrimenti non saremmo mai venuti in contatto l'uno con l'altra. L'interesse culturale, appunto, è nato a partire da questa serata. Questa è l'attività di "antropologia urbana" di Andrea Albanesi, insieme imprenditoriale e culturale».

Per Andrea la Buca è un posto difficile da descrivere, ma sicuramente particolare: «Sta a due passi da tutto – mi dice – ma ci si vive come in un paesino». Aspetto, questo, che la rende «affascinante, ma al contempo un po’ chiusa e non solo geograficamente». Il proprietario di Fermento Portuense e Sfizihop vede nella Buca e nella sua piazza principale, Piazza Puricelli, un potenziale di crescita «praticamente illimitato».

A questo punto gli chiedo anche quale sia la sua idea di birreria e quali i suoi progetti per il futuro e lui mi risponde che il suo beershop è soprattutto un luogo ricco di storie da raccontare, «perché ogni birra e ogni avventore ha la sua storia». Di storie in effetti ce ne sono molte, «sono ben 280 le etichette di birra artigianale presenti nel locale, e il mio progetto per il futuro è lo stesso che porto avanti da quattro anni: riuscire a spiegare a chiunque e nel modo più semplice possibile che siamo ciò che mangiamo e beviamo, facendo capire la differenza tra un prodotto artigianale ed uno industriale, imbottito di adulteranti e conservanti chimici. Con i miei due locali riesco a dimostrare con i fatti ciò che penso. L’alta qualità nel food&beverage è il futuro!».

E veniamo quindi a come nasce l’idea della collaborazione tra Danilo Campanella e Andrea Albanesi.
«L’idea di collaborare con Andrea – mi spiega Danilo – è nata dal fatto che lui sta proponendo il suo locale non solo come luogo di bevute, ma come un luogo in cui trascorrere piacevolmente il tempo e confrontarsi con le persone. Cultura della birra, cultura del gusto sono le linee guida, ma perché non alzare un po’ il tiro, offrendo cultura tout court? Così, dato che lui sapeva che sono uno scrittore, ci siamo confrontati e, dopo molte serate a tema proposte alla sua clientela, ha immaginato di organizzare questa serata “horror”, con libro e menu annessi.

Sì, perché l’evento prevede che, presenziando alla presentazione del libro, con 15€ si potranno avere libro, panino e birra. Insomma, Andrea ha pensato a tutto, e a proposito dell’incontro con Danilo, dice: «La presentazione di un libro è sempre una buona occasione per strizzare l’occhio ad un indirizzo mediatico, quello culturale, che sta perdendo, anno dopo anno, la giusta e meritoria attenzione. Si tende, commercialmente parlando, a preferire feste o eventi dai contenuti più blandi, meno intensi. Mi sono chiesto perché non tentare con un evento del genere? Se poi il libro in questione è scorrevole, ben scritto, ricco di riferimenti storici e al tempo stesso profondo ed emozionante, allora ben venga».

L’appuntamento è questa sera in Piazza Puricelli, 14 presso Sfizihop a partire dalle ore 19. Skål!

Il sito di Danilo Campanella:  https://danilocampanella.wordpress.com/

Le pagine Facebook di Sfizihop e di Fermento Portuense:
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