30 novembre 2016

"Rosita" di Rino Gaetano. Oltre l'effimero della quotidianità.



Il tempo dell’effimero è attraente, affascinante, offre godimento, ma dura poco e non lascia molto. Il mondo, la vita, le giornate, tutto è talmente strabordante di effimero, che si fa fatica a riconoscerlo e a distinguere.
Sì, le lusinghe del possesso – di qualcosa, di qualcuno, una posizione di prestigio, una compagna o un compagno di vita –, la seduzione dei soldi – “averne tanti da far crepare d’invidia” –, la rassicurante routine del quotidiano – “le vetrine, i caffè” –, ma poi anche il protagonista di “Rosita”, questa canzone di Rino Gaetano, deve “fermarsi a pensare” e tornare sé stesso.

Tornare sé stesso. Spesso questo passaggio mi ha fatto pensare.
In questa canzone è descritto un mondo, quello della vita di tutti i giorni di un individuo qualsiasi che ognuno di noi potrebbe incarnare. Un mondo che si regge su illusioni, su quello che Elsa Morante definirebbe “irrealtà”, un mondo che nega la reale felicità, che anche quando è piena di sofferenza è più gioiosa della felicità degli “Infelici Molti” (cito a memoria dalla “Canzone degli F.P. e degli I.M.”). È, quello dei “Felici Pochi” invece, un mondo che non protegge da nulla e che niente assicura, ma è un mondo nel quale è possibile riuscire ad avvicinarsi alla comprensione di significati profondi e a quella felicità vera e piena di gioia.

È quello a cui si avvicina il personaggio cantato da Rino Gaetano quando incontra Rosita:

Ieri ho incontrato Rosita
perciò questa vita valore non ha

Non hanno valore quindi i quattrini, i vestiti di raso, non ha valore neanche “Daniela” che lo aspetta all’ascensore. Tutto crolla, anche le futili distinzioni tra sesso e amore, quando ad esempio dice “con un’altra farei chissà che/ con Daniela l’amore”.
Sono tutti pensieri di una vita che si riflette vuota di vitalità nello specchio della coscienza di chi ha incontrato “Rosita, di bianco vestita”.
Rino Gaetano descrive con tanti dettagli la “vita-non vita” (come la chiamo io), ma non dice come è la “vita-vita” (il post-Rosita), forse perché, essendo il radicale opposto della prima, è indescrivibile e addirittura inconoscibile razionalmente, ossia è qualcosa di comprensibile solo attraverso l’esperienza sensibile.

È però qualcosa che ha un effetto a primo impatto devastante: crollano certezze, ma a crollare a ben vedere sono le illusioni, quelle di una vita-non vita.
Ognuno di noi potrebbe ritrovarsi nei versi di questa canzone scritta 40 anni fa, ognuno di noi potrebbe ritrovare in qualcosa o qualcuno la propria “Rosita”, che, come disse Rino Gaetano in un’intervista, altro non è che un ideale.