Torno dall’università dopo
aver sostenuto l’ultimo esame della sessione e quindi, finalmente, trovo il
tempo per dare spazio alle mie incazzature. La molla che fa scattare in me quel
qualcosa che poi mi spinge ad ammorbarvi, cari lettori, è quasi sempre quella,
la beneamata rabbia.
Oggi si parla di Futuro, che è sempre al centro delle mie riflessioni.
Voglio però parlare di quel Futuro scritto sui manifesti palpitanti sdegno alle
manifestazioni, quel Futuro compresso in uno slogan, che non è solo un insieme
di parole vuote, buone solo per essere gridate. Il Futuro ce lo stanno
togliendo, rovinando, strappando, TAGLIANDO. Piace tanto ai media e alla
politica usare la metafora del taglio, la proverbiale sforbiciata che ci farà
uscire, lembo in meno dopo lembo in meno, dalla altrettanto proverbiale crisi
economica in cui versiamo. E con la scusa vediamo a poco a poco venir meno
quello che un passato quanto mai lontano da noi aveva conquistato. I diritti.
Il diritto al lavoro, quello ad uno stipendio dignitoso, quello alla salute,
quello alla cultura, all’istruzione e ultimo, ma non ultimo, quello al tempo
libero. E a proposito di cultura e tempo libero, sposto il mio discorso dal generale al particolare, per arrivare a quello da cui sono partite le ragnatele dei miei pensieri. Ho letto sull’Espresso che le Biblioteche sono in crisi nera (qui), sembra che alcune non erogheranno il servizio e altre dovranno ridurlo. In altri casi alcune hanno già chiuso. Non credo che debba essere io a spiegare quale sia l’importante funzione delle biblioteche, però sintetizzo così, prendendo in prestito le parole di Pennac: “[…] C’era la lettura. Non sapevo, allora, che mi avrebbe salvato”. Non è necessario raccontare la mia esperienza di lettrice, né quella di Pennac, basti sapere che entrambi abbiamo avuto una storia scolastica, nel mio caso dal 1° al 3° anno di Liceo, non proprio rosea. Le difficoltà abbondano nel percorso della vita così come in quello scolastico, e per quanto mi riguarda, la passione per la lettura mi ha aiutata a farmi forza e a trovare il mio obiettivo, il mio unico e vero sogno in quella matassa di desideri che ero a 16 anni. E se non avessi avuto le biblioteche del Comune di Roma a portata di mano, non avrei mai potuto leggere tutti i libri che volevo, dato che i libri comunque costano, e neanche poco. E quindi mi chiedo, come faranno i figli di questa crisi, i figli del sistema scolastico stuprato (no, non sono paroloni: le classi strapiene di ragazzini, condizione naturalmente fuori legge, gli stipendi bassi dei docenti, i continui tagli alle risorse per l’istruzione), come faranno i miei futuri pargoli e quelli che nasceranno in famiglie in cui l’interesse per la lettura (e in generale per la cultura) scarseggia a “salvarsi”?
Il Futuro ce lo state riducendo in brandelli, fra poco perderemo anche le lettere necessarie per pronunciarlo questo Futuro.
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