06 dicembre 2010

Gente che corre




La gente corre. È un dato di fatto.
La gente lo fa, di notte, di giorno, e non se ne accorge.
Si corre in così tanti modi diversi, per così tanti motivi differenti.
E perché noi, che stiamo lì a scrutarla nei suoi rapidi movimenti, dovremmo fare qualcosa per fermarla?
D’altronde anche noi corriamo e anche noi non sappiamo perché, non sappiamo come. Corriamo e basta.
Potremmo anche chiudere gli occhi per la troppa stanchezza e non vedere più nessuno muoversi freneticamente su quella salita che stiamo percorrendo in questa notte di luna piena.
Potrebbe portarci una piacevole sensazione in grado di scaldarci quanto il sollievo il non vedere più nessuno fuggire a quel modo, nello stesso modo in cui lo stiamo facendo noi.
 
Ilaria Pantusa
(4 febbraio 2008)

Ciò che avete appena letto è la mia rielaborazione di "Gente che corre" di Kafka. Ed ecco il racconto originale:
"Se camminiamo di notte per strada e un uomo ci corre incontro, visibile da lontano, perché la strada è in salita e c’è la luna piena, non faremo nulla per trattenerlo, anche se è debole e lacero, anche se qualcuno lo insegue gridando, ma lo faremo continuare nella sua corsa. È notte e non è colpa nostra se la strada sale sotto la luna piena, inoltre può darsi che i due abbiano inscenato l’inseguimento per gioco, forse entrambi inseguono un terzo, forse il primo viene inseguito senza colpa, forse il secondo ha intenzioni omicide e noi diventeremo complici dell’assassinio, forse i due non sanno nulla uno dell’altro e ciascuno corre, per suo conto, a letto, forse sono sonnambuli, forse il primo è armato. E, a ultimo, non ci è lecito essere stanchi, non abbiamo bevuto tanto vino? Che sollievo non vedere più neppure il secondo."
(F. Kafka da “Contemplazione”, 1913)

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