Seduti. La lezione ancora non è finita. E fate entrare anche i vostri genitori, che ascoltino anche loro. Aprite il libro a pagina Costituzione e leggete cosa c’è scritto. Bene, ripetete con me, “l’ Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” e ancora “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Adesso andate a pagina Precariato e Disoccupazione:
L’anno scolastico 2010/2011 è appena iniziato e la riforma Gelmini, promettendo migliore qualità dell’insegnamento, ha intanto in programma il taglio di 135mila posti di lavoro, cioè 135mila insegnanti saranno licenziati nel giro di un anno. Questo cosa vuol dire? Avanti, tu lì in fondo, rispondi. Esatto, vuol dire che i due principi che abbiamo letto prima non vengono rispettati. Ma aspettate, non è tutto. Ci sono tante scuole come la vostra in cui non ci sono insegnanti. E allora che si fa? Bravissima. Si chiama un altro insegnante, il cosiddetto precario, quello che scende in piazza a protestare ogni anno perché per lui lavorare, oltre che un diritto, è vita, è soddisfazione. Quello che se viene licenziato o ha un punteggio troppo basso nella lista del provveditorato non lavora e allora fa lo sciopero della fame rimanendo nella zona d’ombra della società italiana, quella verso cui lo sguardo dei maggiori media e della politica rimane indifferente.
Passiamo a pagina Qualità dell’apprendimento e Continuità. Perché quelle facce perplesse? Cosa c’è che non va? Ah, il ministro Gelmini ha detto che tutto ciò che ha fatto finora è volto a migliorare la qualità della scuola e ad assicurare la continuità dell’insegnamento? Allora parliamo delle ore scolastiche tagliate alla storia, alla geografia, alla storia dell’arte, alla letteratura italiana e alle lingue straniere. Parliamo, ad esempio, delle 3 ore di matematica durante l’ultimo anno di liceo scientifico e del fatto che i professori devono correre per finire il programma e lasciarsi così alle spalle le vittime degli integrali e delle derivate.
Intanto le cattedre sono vuote e solo 16mila insegnanti sono entrati di ruolo quest’anno. Questo cosa vuol dire? Lo chiedo a voi.
Ilaria Pantusa
(Articolo pubblicato su Il Nuovo Cittadino n°3 novembre/dicembre)
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