Quei posti ricordavano a mia sorella l’infinito.
Poteva scorgerlo fra i rami degli alberi, fra le vallate frastagliate, fra quei borghi che affacciavano con caparbia imprudenza sul vuoto.
L’infinito era per lei ovunque, anche nei nostri giochi d’infanzia, quando correvamo fra i campi con i nostri amici, quando ci buttavamo fra l’erba alta a cercar le formiche.
Io l’infinito lo potevo scorgere solo nella distanza che separava il mio presente da quel passato da bambina, non c’era nulla di più bello e triste.
Ilaria Pantusa
(9 febbraio 2009)
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